Concerto di Capodanno • Le Otto Stagioni di Vivaldi e Piazzolla
Le Otto Stagioni di Vivaldi e Piazzolla
Quest’anno la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna ha scelto di festeggiare l’inizio del 2024 con un ciclo raramente eseguito nella sua completezza e che sarà ascoltato per la prima volta nella nostra città, nel segno dell’abbondanza, dell’amore per la natura e per l’umanità intera.
Il grande violinista Gidon Kremer nel 1998 ebbe l’idea di far arrangiare da Leonid Desyatnikov le Quattro Stagioni di Buenos Aires (Cuatro Estaciones Porteñas) di Astor Piazzolla, scritte tra il 1965 e il 1970, secondo la strumentazione delle Quattro Stagioni di Vivaldi, pubblicate nel 1725, arrivando a ottenere un risultato straordinario, in grado di far dialogare su un terreno «pop» due capolavori nati a quasi 250 anni di distanza. Sembrò all’inizio un accostamento audace, anche perché il Prete Rosso con il suo capolavoro era riuscito a cogliere in musica gli aspetti più particolareggiati della natura, mentre Piazzolla aveva evitato apposta una descrizione realistica, soffermandosi maggiormente sugli aspetti emotivi dello scorrere delle stagioni. Invece proprio grazie a questi apparenti contrasti interni, il viaggio dal Settecento veneziano al Novecento porteño compie una parabola introspettiva, con lo sguardo che si sposta dalla natura circostante ai paesaggi dell’animo umano. L’unità progettuale, complice il fatto che Buenos Aires si trova nell’emisfero australe e quindi le stagioni scorrono in maniera invertita rispetto a quanto accade in Europa, si compie con intelligenza anche attraverso la scelta di fare seguire alla Primavera di Vivaldi l’Otoño Verano di Piazzolla, in un ordine incrociato fino al Verano porteño che chiude, così, un ciclo che sembra non avere mai fine.
Il grande violinista Gidon Kremer nel 1998 ebbe l’idea di far arrangiare da Leonid Desyatnikov le Quattro Stagioni di Buenos Aires (Cuatro Estaciones Porteñas) di Astor Piazzolla, scritte tra il 1965 e il 1970, secondo la strumentazione delle Quattro Stagioni di Vivaldi, pubblicate nel 1725, arrivando a ottenere un risultato straordinario, in grado di far dialogare su un terreno «pop» due capolavori nati a quasi 250 anni di distanza. Sembrò all’inizio un accostamento audace, anche perché il Prete Rosso con il suo capolavoro era riuscito a cogliere in musica gli aspetti più particolareggiati della natura, mentre Piazzolla aveva evitato apposta una descrizione realistica, soffermandosi maggiormente sugli aspetti emotivi dello scorrere delle stagioni. Invece proprio grazie a questi apparenti contrasti interni, il viaggio dal Settecento veneziano al Novecento porteño compie una parabola introspettiva, con lo sguardo che si sposta dalla natura circostante ai paesaggi dell’animo umano. L’unità progettuale, complice il fatto che Buenos Aires si trova nell’emisfero australe e quindi le stagioni scorrono in maniera invertita rispetto a quanto accade in Europa, si compie con intelligenza anche attraverso la scelta di fare seguire alla Primavera di Vivaldi l’Otoño Verano di Piazzolla, in un ordine incrociato fino al Verano porteño che chiude, così, un ciclo che sembra non avere mai fine.